L’ultima ruota del carro (ovvero: provaci ancora Sam)

Foto di Pauline Mak
Foto di Pauline Mak

Ho un’amica premurosa, che colma le voragini delle mie mancanze di letture e informazioni. La chiameremo CasSandra B., visti i nostri trascorsi di chiacchiere sul film Gravity.

Qualche giorno fa, lei ha portato alla mia attenzione alcune poesie di Nino Costa, autore piemontese a me ignoto…finora. Tutti testi eccellenti e, valore aggiunto, in dialetto. Ne riporto qui uno, che per pura coincidenza (quella cosa che funziona meglio della letteratura comparata) andava perfettamente a braccetto con ciò che io stavo leggendo.

L’ultima ruota del carro

L’ultima ruota del carro lavorava,
in silenzio, di buona lena e senza ipocrisia,
salvo che, ogni tanto, cigolava.

Ma nessuno della casa, della stalla o della famiglia
la teneva in conto: l’ultima ruota del carro
si sa che è una ruota insignificante,

e lei, benché masticasse amaro,
era sempre nel tiro, sempre in servizio
neanche fosse stata di ferro.

Invece le altre ruote, luccicanti, sussiegose,
trattate da signore, con le frange e i fiocchi,
non c’era pericolo che si logorassero a lavorare.

Ma quando, un brutto momento, troppo caricato
il carro è ribaltato, destino beffardo!,
e le altre ruote sono andate in pezzi,

nonostante i carico che gli pesava addosso
e mentre tutti lo davano finito…
lei sola, incastrata al bordo del fosso,

l’ultima ruota del carro, l’ha tenuto su.

 

Giustamente, la cara CasSandra B, mi invitava a considerare l’affinità tra questi versi e il senso del paradosso espresso dal signor Chesterton in Eretici, quando afferma – con entusiasmo – che nessuna catena è più forte del suo anello più debole. In quel passo, il caro GKC stava dialogando/discutendo con la filosofia del signor G. B. Shaw e, più in particolare, stava puntando il dito contro la disumanità del mito del Superuomo. Il Superuomo non è un ideale umano, ma proprio disumano.

Ma lasciamo che ce lo dica direttamente Chesterton:

«In qualche misura, [il signor Shaw] è stato infettato dalla più profonda debolezza intellettuale del suo nuovo maestro, Nietzsche, dalla strana idea secondo cui un uomo, quanto più sia grande e forte, tanto più disprezzerà le altre creature. Un uomo quanto più sia grande e forte, tanto più sarà incline a prostrarsi davanti a un fiore» (da Eretici, cap. 4).

Tutto ciò (Nino Costa + Chesterton) ha generato una strana alchimia … o forse una miracolosa puntualità … con ciò che io avevo sott’occhio. Facciamo un quiz.

C’è un anello debole – c’è una ruota che tiene su il carro – c’è un uomo forte che s’inchina davanti  a un fiore. …uhmmm … chi ha scritto una storia di Anelli, in cui c’è uno che di mestieregiardiniere s’inchina davanti ai fiori – giardiniere – e che, pur non essendo il protagonista, alla fine tiene su chi deve portare a termine la sua missione?

Ecco, io stavo appunto leggendo La realtà in trasparenza, libro che raccoglie le lettere di J. RR Tolkien; in particolare a me ha colpito il carteggio – in tempo di guerra – col figlio Christopher. Nella lettera datata 24 dicembre 1944, Tolkien dichiara esplicitamente il ruolo che Sam ha nella storia del Signore degli anelli:

«Certo Sam è il personaggio più compiuto, il successore di Bilbo del primo libro, il vero hobbit. Frodo non è così interessante, perché deve essere di nobili sentimenti, e ha una vocazione. Il libro probabilmente finirà con Sam. Frodo naturalmente sarà troppo nobilitato e rarefatto per aver portato a termine la grande Ricerca, e andrà verso Occidente con tutte le altre grandi figure; ma Sam si stabilirà nella Contea e si occuperà del giardino e della locanda».

Ecco, chi resta qui – sulla terra –  a tenere in piedi le piccole grandi cose è l’ultima ruota del carro, il giardiniere, l’uomo forte che s’inchina davanti a un fiore. È il “debole” che non può portare l’Anello, ma può portare chi porta l’Anello.

«Aiutò Frodo a salire sulle sue spalle, le braccia penzoloni lungo il collo e le gambe strette sotto le sue braccia; poi si alzò in piedi e con sommo stupore trovò il fardello leggero. Aveva temuto che le forze gli sarebbero appena bastate a sollevare il suo padrone, oltre al quale avrebbe poi dovuto sopportare il terribile peso del maledetto Anello. Ma non fu così … forse nuove energie erano state donate a Sam per lo sforzo finale, permettendogli di sollevare il padrone con la medesima facilità con cui avrebbe portato un bambino hobbit sui prati o campi della Contea. Trasse un profondo respiro e si mise in cammino». (dal cap. Monte Fato).

 

PS: forse era meglio intitolare il post “Superuomo vai a zappare” ?

3 commenti

    • Da piemontese emigrato al sud (in Liguria) non posso ricordare che di Nino Costa è un lettore anche un altro chestertoniano di provata fede. Chestertoniano perché lo cita nei suoi discorsi e sembra anche membro onorario della Società Chestertoniana Argentina: Papa Francesco.
      Chestertoniano e sicuramente lettore della Divina Commedia. Potrebbe quindi trovarsi bene a leggere questo blog.
      Sembra che Francesco conosca a memoria, fin dall’infanzia, la poesia in piemontese “Rassa nostrana” (razza nostrana), di Nino Costa
      «Aj Piemunteis ch’a travajo fora d’Italia. Drit e sincer, cosa ch’a sun, a smijo: / teste quadre, puls ferm e fìdic san / a parlo poc ma a san cosa ch’a diso / bele ch’a marcio adasi, a van luntan».

      (Ai piemontesi che lavorano fuori d’Italia. Diritti e sinceri, quel che sono, appaiono: / teste quadre, polso fermo e fegato sano/parlano poco ma sanno quel che dicono / anche se camminano piano, vanno lontano).

      Alle ricette delle piadine risponderemo gastronomicamente con la bagna cauda!

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