La scorsa estate avevo lanciato la sfida del #FACCIAmolo , prendendo spunto da un aforisma di Chesterton: “Ogni faccia per strada ha l’incredibile imprevedilità della fiaba”.
Oggi riprendo in mano quella proposta, in attesa anche dei vostri contributi…
Chiamo in causa un grande artista, lo scultore Auguste Rodin, di cui ho visto una mostra eccellente lo scorso anno a Palazzo Reale a Milano. In quell’occasione fui colpita nel vedere dal vivo La mano di Dio, un capolavoro; ne scrissi a suo tempo perché mi pareva la sintesi perfetta della speranza insita nella Creazione: Dio ha fatto le cose con le mani, come un bimbo che gioca col pongo.
Ma ora ritorno al grandissimo Rodin per parlare di volti, visto che il tema è la faccia. Scolpire il marmo non è una roba semplice, anzi … per me che sono ignorante … è praticamente impossibile immaginare come da un blocco di durissima pietra possano saltar fuori immagini di una delicatezza infinita. Per esaltare questo contrasto tra l’asprezza del marmo e la levigatezza della scultura, il signor Rodin amava il non finito, di cui già Michelangelo era stato maestro. Spiegava così la cosa:
«Le asperità del marmo grezzo esaltano la delicatezza … Qui la sensazione è in parte di dolore come se per l’essere che esce completamente formato dal blocco di marmo fosse gravoso lasciare l’incoscienza della materia per entrare nella coscienza della vita» (A. Rodin)
Ritratto di Lady Sackville – A. Rodin
Col talento che aveva, il signor Rodin poteva stupire con grandi effetti speciali; soprattutto all’inizio della sua carriera, quando da giovane sconosciuto doveva farsi conoscere dal grande mondo dell’Arte. Un’occasione senz’altro importante per lui fu il Salon di Parigi del 1864, un luogo di esposizione che gli avrebbe garantito grande visibilità. Cosa avremmo fatto noi al suo posto? Come si dice volgarmente, “avremmo sceso l’asso” … cioè ci saremmo proposti al pubblico con un’opera il più possibile perfetta.
Rodin avrebbe potuto stupire tutti, ad esempio, con L’orfana alsaziana:
… oppure con Il bacio:
Invece… propose L’uomo col naso rotto. E il Salon di Parigi respinse l’opera.
Rodin rimase molto affezionato a quest’opera che gli aveva chiesto 18 mesi di lavoro, e in cui vedeva quasi un proprio autoritratto: i suoi inizi difficoltosi, il rifiuto del mondo ufficiale … ecc.
È un po’ come andarsi a fare la foto per la carta d’identità cinque minuti dopo che uno ci ha dato un pugno in faccia. Mi si perdoni il paragone semplicistico, ma in fondo ciò che fece Rodin fu proprio questo: mostrare che la scultura poteva essere perfetta nel cesellare le imperfezioni. Esaltò la ferita, ciò che esteticamente può risultare deforme e ripugnante.
Anche solo per uscire a cena o con gli amici, noi ci diamo una sistemata davanti allo specchio; noi donne poi siamo capacissime di perdere ore con spazzola e trucchi. È un moto giusto di cura verso di noi, la voglia non solo narcisistica di presentarci “bene”. Non è da biasimare questo, assolutamente.
Eppure Rodin con quell’opera ci racconta che, quando venne per lui il momento del debutto in società, lui scelse di spogliarsi degli orpelli, si mise a nudo in pubblico con un naso storto. Non presentò un’opera incompleta o trasandata, ma compiutissima nella sua imperfezione. Non sono un’esperta e non so fornire le motivazioni per cui il Salon la rigettò. So dire che questo capolavoro è un fratello di viaggio, un messaggio che va contro l’attuale l’idolatria della chirurgia estetica (che anziché modellare un viso, lo cancella).
Di recente la già bellissima René Zellweger è uscita in pubblico con un volto completamente irriconoscibile. Qualunque motivazione l’abbia spinta a ritoccarsi così pesantemente la faccia ora la fa essere un’anonima Barbie bionda: l’uniformità del suo viso potrà anche rispettare degli asettici canoni estetici, ma la fa essere meno persona. È l’opposto di ciò che fece Rodin: il marmo così liscio, così bianco si presta bene a dar forma a figure eteree e perfette; eppure lui faticò per far assomigliare quella pietra a una persona, la cui vera umanità sta nelle cicatrici che la vita imprime addosso. René che era piena della sua umanità bella e particolare ha scelto di diventare marmo, una maschera immobile e fissa.
Bé, giudicare gli altri è facile. Allora stop. Mi limito a serbare la dritta coraggiosa di Rodin, che non è una pura e semplice lezione sull’accettare i propri difetti. Per scolpire quel naso storto ci avrà messo tempo e fatica, avrà studiato e fatto bozzetti. Forse un naso dritto era più semplice. Ma forse quella fatica in più, quello sforzo era un modo di cesellare la propria anima e non solo il pezzo di marmo. L’unicità imperfetta e magari anche sgradevole non va tollerata o accettata, perché così sarebbe come metterla da parte. Spesso, tollerare significa solo archiviare in fretta.
Quel naso storto dimostra la pazienza di un artista, che si è immerso a conoscere la forma sghemba, schiacciata … e in quello studiare ed essere all’opera c’è una riflessione che diventa condivisione: è come se dicesse “eccomi, sono così … forse non sono proprio come avrei immaginato … sono più stanco e storto di quello che vorrei; anche per te è così, vero?”.