La malattia è un’esperienza che -chi più, chi meno – ci ferisce e ci mette alla prova tutti. Condivido con voi questo scritto di una mia cara amica, Marina, che sta attraversando una prova grande. La chemioterapia si infila nel corpo e nella mente, è sfibrante; eppure non può sfigurare del tutto la voce umana che chiede il bene e la salute per sé. Che non teme di mettersi a nudo nel suo bisogno. Ringrazio di avere accanto negli sbuffi delle mie giornate tutto sommato tranquille l’esempio di un’amica come lei. Grazie, Marina.
Marina Sangiorgi è, probabilmente, l’autrice (o anche l’autore: non è una questione di genere) italiana che in questo momento preferisco. I suoi racconti hanno una perfezione quasi flaubertiana (ne avevo già parlato tempo fa, in questo post nel quale parlavo di Rubare tempo all’allegria, un suo libro di racconti), fuori dal tempo: una prosa nitida, cristallina, che nasconde, tra le sue increspature, un universo di tenerezza, dolore, struggimento, rinunce e ideali. I suoi personaggi, sempre minori, intuiscono, la salvezza ma non la raggiungono, o non la sanno dire; spesso finiscono per accontentarsi, ma non perdono mai la loro umanità.
Il racconto “Mi basta l’aria” mi ha fatto piangere, ieri mattina, quando l’ho letto. Mi ha toccato il cuore senza prenderlo in giro. Spesso, quando si legge, si scappa da ciò che ci commuove con l’inganno: i tramonti, i grandi amori, i bambini che abbracciano le mamme appena ritrovate. Non amiamo gli sgambetti. Ma se le parole…
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