Un vento senza nome. Quello di Irene, di Mary, di Innocent, di Pickwick … e di Dio
Il vento oggi ha portato con sé un racconto…
Con un incipit così, la canzone portata a Sanremo da Irene Grandi mi ha conquistata da subito. Poi ho capito meglio perché, grazie a @paga_1993che non conosco di persona, ma che mi ha illuminato con questo tweet:
Non ti sei fermata, sei stata di parola…
ed una mattina sei uscita, con il vento sei volata…
Sembrano proprio parole perfette per Mary Poppins. Ma non è per dire che Irene Grandi ha copiato, tutt’altro. Nel mondo erudito della letteratura questi richiami si definiscono riferimenti intertestuali. Io preferisco chiamarli rapporti di parentela. Certe immagini ci parlano, da sempre. E da sempre catturano la nostra attenzione. Dal tempo lontanissimo in cui l’uomo primitivo alzò per la prima volta gli occhi al cielo. Riconosciamo dietro certi immagini altrettanti eco.
Qualcuno ha scritto un messaggio per noi nell’universo, e noi abbiamo uno strumento intimo per comprendere quel messaggio. Dietro certe immagini sentiamo un sussurro.
Il vento è una di queste immagini eterne che parlano, che ci parlano. Nell’antichità era un Dio, Eolo. Oggi una cantautrice, per parlare di irrequietezza e coraggio, tira fuori il vento e scrive una bellissima ballata per Sanremo.
Non lo dico per mescolare sacro e profano, lo dico per riconoscere che ci sono delle eterne fonti di ispirazioni per l’uomo (sia esso un profeta o un menestrello).
In questo caso particolare, ispirazione è parola quanto mai azzeccata. Il vento, infatti, spira da sempre.
Pentecoste – di Andrew Wyeth
Il vento è un’immagine che porta con sé l’idea che non tutto è già dentro la nostra vita, ma che qualcosa di più grande pervade l’aria. È l’idea che una novità vivace venga a visitarci, e a cambiarci.
Chiamare in causa Mary Poppins significa per me innescare un flusso di coscienza difficile da ordinare in un discorso logico e coerente. Provo a metterlo giù come viene e rinvio a un post successivo un altro bellissimo percorso che va da «questo vento agita anche me» della Bertè a «cercando di raggiungere chi, al vento avrebbe detto sì» di Battisti, per passare poi a Blowing in the winddi Bob Dylan fino all’Ode al vento dell’Ovestdi Percy B. Shelley e Al di là del vento del Norddi George Macdonald. Ecco che comincio già a prendere la tangente. Stop.
Per questa volta solo gentildonne, gentiluomini, ombrelli e cappelli.
Tutti abbiamo amato Mary Poppins. Più che una persona, lei è un angelo: la nostra anima viene talvolta visitata da pensieri provvidenziali che non si sa da dove arrivino. E come arrivano, poi se ne vanno. Te ne stai immerso nel tuo monotono o persino triste tran tran e poi… non sai bene come…ecco, nella tua testa si spalanca un’intuizione che ti permette di vedere le cose in modo diverso. Non sai dire da dove arrivi, è proprio come una folata improvvisa che mette sotto sopra lo status quo delle cose. Magari, senza accorgertene, il tuo sguardo ha fissato un oggetto o una scena che ha ridestato in te una memoria profonda, dimenticata, inconscia; e questa memoria ha subito messo all’opera la parte creativa del cervello. Ha tirato fuori delle risorse sommerse che non sapevi di avere. Proprio come quando si pulisce a fondo una stanza, e salta fuori quel calzino che cercavi da secoli.
La realtà ci stimola oltre e più a fondo di quel che noi percepiamo. Ecco ciò a cui noi diamo il nome di idea, o ispirazione. Qualcosa soffia dentro e sotto l’apparenza delle cose, e ci spinge, ci stimola. Spira da chissà dove e poi va via.
Mary Poppins è la voce della meraviglia, che entra in casa nostra per fare le pulizie di primavera; si mette a parlare al nostro io lo ridesta all’entusiasmo per la realtà. E quello strepitoso film che è Saving Mr Banksci ha detto una volta per tutte che Mary Poppins viene per salvare i genitori, non i bambini.
Mary Poppins non è sola; ha una famiglia numerosa. Io penso di conoscere suo padre, ovvero un romanzo uscito vent’anni prima del capolavoro di Pamela L. Travers. Mi riferisco a Uomovivo di G. K. Chesterton che io stessa ho tradotto, letteralmente perdendomi nel flusso delle prime dieci pagine, completamente occupate dal soffio impetuoso di un vento buono che scombussola Londra:
S’alzò a occidente un vento maestoso, come un’onda d’irragionevole felicità, e si lanciò verso oriente sull’Inghilterra, portandosi dietro la gelida fragranza delle foreste e il freddo inebriante del mare. Giunse in milioni di covi e angoli a rinfrescare un uomo come un boccale pieno e lo sorprese come uno scoppio. […] Ma ovunque quel vento sprigionò un fuoco dentro vite sfuocate, propagando per il mondo lo squillo di tromba della crisi. […] C’era in quel soffio qualcosa di persino più intenso e imperioso dell’antico vento del proverbio, perché questo era il vento buono che non ferisce nessuno.
Non solo non ferisce nessuno, ma anzi quel vento guarisce in molti. Trasportata da questa impetuosa corrente, appare una figura ornata di cappello e ombrello proprio come Mary Poppins, ma è un gentiluomo in verde: Innocent Smith.
La straordinaria limpidezza che il vento aveva portato in quel cielo nuvoloso divenne ancora più limpida e splendente; la volta celeste sembrava spalancarsi di stanza in stanza fino al paradiso. Si aveva l’impressione che sarebbe infine comparso qualcosa di più lucente della luce. […]. Ed ecco un nuovo sussulto dell’aria li sbilanciò quasi completamente e piegò fino a spezzarli gli alberi scuri del giardino. E più in là si poteva scorgere ogni sorta di strano oggetto volare in quel cielo spazzato dal vento: pagliuzze, rametti, stracci, fogli e, ancora più in lontananza, un cappello in fuga. Sfuggì alla vista, ma non definitivamente; dopo un paio di minuti lo videro ricomparire e da vicino si mostrò ancora più grande: era un panama bianco che si librava nel cielo come un pallone, sobbalzò per un istante qua e là come un aquilone strattonato e venne poi a posarsi al centro del loro prato, tremolante come una foglia caduta. E poi un altro oggetto spuntò sopra il muro del loro giardino, quasi volando dietro al panama in fuga. Si trattava di un grande ombrello verde.
Una scena dallo spettacolo Manalive, realizzato da Compagnia bella
Il proprietario di questi indumenti è un uomo straordinario che porterà scompiglio e gioia in una casa inglese, abitata da cinque personaggi tristi e annoiati. Una volta che essi avranno recuperato la gioia e la meraviglia di vivere, Innocent sparirà nel vento senza dare nell’occhio, per non tornare più – proprio come Mary Poppins.
Sia Innocent che Mary sono presenze che scompigliano tutto per sistemare per bene le cose. Fanno le pulizie di primavera. È sempre necessario uno scossone per vederci di nuovo chiaro. Come accade al cielo dopo una tempesta, che ritorna più limpido di prima. È anche un atto di profonda umiltà quello che comporta il vento, perché non c’è niente di così imbarazzante come una persona sballottata da un soffio impetuoso.
A questo punto, infatti, vorrei dire che conosco anche il nonno di Mary Poppins, cioè il papà dell’Uomovivo di Chesterton. GKC era un grande amante di Dickens, lo conosceva e citava a memoria. E Dickens ci lasciò una meravigliosa descrizione di un uomo che insegue il suo cappello nel vento: il signor Samuel Pickwick. Evidentemente, Chesterton aveva in mente questa scena quando scrisse del suo Innocent. Tutti questi si chiamano – lo ripeto – riferimenti intertestuali, ma io uso l’immagine della parentela (papà, nonni) perché un libro ti nutre di suggestioni e immagini; se tu le riusi dando ad esse una voce nuova, non stai copiando ma stai rinnovandole … proprio come noi rinnoviamo sul nostro volto i segni genetici di papà e mamma.
Ma torniamo alla penna formidabile di Dickens, intenta a raccontare del signor Pickwick che ha perso nel vento il cappello:
Pochi momenti vi sono nella vita di un uomo, nel quale sia così ridevole il suo imbarazzo e così scarsa in altri la commiserazione, come quando egli si trova a inseguire il suo cappello. È indispensabile, in questa operazione del recuperare un cappello volato via, una forte dose di freddezza e un grado speciale di giudizio. Non bisogna essere frettoloso né precipitarvisi sopra; né d’altra parte si deve cadere nell’estremo contrario e rischiare di perderlo addirittura. Il miglior mezzo è questo: di tener dietro dolcemente all’oggetto che si ha di mira, di essere vigile e cauto, avanzarlo di qualche passo, e poi fare una subita diversione, afferrarlo e cacciarselo in testa solidamente: e tutto questo, sorridendo sempre con una certa grazia, come se la cosa vi paresse come la più piacevole di questo mondo.
Spirava un bel venticello, e il cappello del signor Pickwick se ne andava rotolando e balzando allegramente. Soffiava il vento e soffiava il signor Pickwick, e il cappello continuava a balzare e a rotolare come un pesce vivace nella corrente; ed avrebbe seguitato chissà fin dove la sua corsa se non fosse stato provvidenzialmente arrestato, proprio quando il signor Pickwick era completamente disperato.
Un uomo cosa insegue? Molto spesso non insegue nulla, è questo il punto. Se ne sta comodo e seduto nel suo spazio di realtà, adagiato sulle sue fissazioni e sulla routine. Come il signor Banks, in Mary Poppins. Occorre un trambusto celeste per fargli ricordare che lui non è una creatura ferma, ma anzi è la più irrequieta del creato. Il vento arriva e gli ricorda la sua natura profonda, quella di essere una creatura in perenne ricerca. Che cerca un senso, un significato, la felicità magari. L’uomo è sempre all’inseguimento del suo cappello. Di qualcosa che gli calzi perfettamente in testa, che sia cioè all’altezza dei suoi pensieri più profondi.
E anche una volta che il proprio cappello è stato trovato, occorre perderlo e ritrovarlo. Occorre mettere sotto sopra tutto, per non dare per scontate le cose. Il signor Banks non ha bisogno di un’altra famiglia, non ha bisogno di essere portato lontano dal vento; ha bisogno che il vento stia in casa sua, così che lui si accorga del diamante che ha già per le mani. Mary Poppins non porta altrove il signor Banks, lo lascia lì dove l’ha trovato. Ma se prima lui era un manichino imbalsamato, alla fine è un soldato sorridente armato d’aquilone.
Noi abbiamo bisogno di perdere le cose, per ritrovarle. Abbiamo bisogno che la bufera arrivi per pulire il cielo.
Ho citato solo alcuni testi, voi ne troverete mille altri. Ma c’è un’altra voce che, infine, bisogna introdurre. C’è un paragone da fare. Nel Vangelo di Giovanni viene annotato l’episodio in cui Gesù disse che solo chi rinasce dall’alto può vedere il regno di Dio; e allora un uomo di nome Nicodemo chiese a Gesù il modo in cui un uomo può rinascere. Gesù gli rispose che bisogna nascere dallo Spirito, e aggiunse: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».
Ci sono tanti venti che soffiano, alcuni fanno solo disordine o distruggono o ci fanno smarrire lontano. C’è un vento che non sai da dove viene né dove va, e che non è una burrasca di passaggio che distrugge e basta. È un vento buono che ti avvolge e accompagna; anche se inizialmente ti scombussola, poi ti ripulisce la vista e infonde una nuova primavera tra le stanze infreddolite e gelide del tuo cuore. Soffia, arriva, ti avvolge, ti accompagna e ti cambia, e ritorna da Chi lo ha mandato. Come Mary Poppins.