Il primo giorno di scuola

E non c’è proprio niente da fare, il primo giorno di scuola è un momento emotivamente intenso. Nonostante un genitore ci arrivi dopo aver fatto l’inserimento al nido e l’inserimento alla materna, quando è tempo di accompagnare in prima elementare il proprio figlio, il cuore va in subbuglio.m_7595dee220

Niente più tiepido inserimento. Con grembiule e cartella, tieni tuo figlio per mano e poi lo lasci all’ingresso della classe e vai a riprenderlo cinque ore dopo. Ora che mio figlio è in quarta, tutta la trafila di inizio scuola è ormai solo routine, ma l’anno della prima elementare per me fu commovente anche tutta la fase dell’etichettatura del materiale … il che è tutto dire. Non so, mi pareva come di essergli accanto, mentre scrivevo mille volte lo stesso nome su ogni pastello, su ogni pennarello, sulla matita, sulla colla, sulla gomma: pensavo che, anche se sarebbe stato solo in quell’ambiente nuovo, la mia presenza però c’era nell’ordine del corredo che gli avevo preparato.

Avrò ricontrollato il materiale decine di volte, con l’elenco sotto mano: quasi come se, mancando un tubetto di colla, potesse succedere l’irreparabile! Anche la prima merenda gliel’avevo preparata io, facendo dei “pan goccioli” in versione casalinga. Insomma, mi ero dedicata anima e corpo a quest’evento.

Poi è arrivato il gran giorno e, in mezzo al putiferio generale di studenti e genitori, mi sono trovata davanti alla porta della sua nuova classe. Sulla porta c’era la maestra sorridente che lo ha preso per mano e lo ha accompagnato al suo banco: aveva preparato un’etichetta colorata per ogni bimbo sull’attaccapanni e sul banco. «Ma pensa, – mi sono detta – non ho pensato a lui solo io. Anche la maestra si è indaffarata per accogliere tutti e ciascuno». Il punto di vista, allora, si è allargato, per far spazio a quella che poi è diventata una grande figura di riferimento. Ricerca-bambini-scuola-2

Da quando mio figlio è alle elementari, la maestra è per lui una persona importante, con un ruolo diverso – certamente – dai genitori, ma con una sua fondamentale autorità. Ed è bello che talvolta lui mi dica qualcosa con profonda convinzione, aggiungendo: «L’ha detto la maestra Marina!». Capisco che la crescita passa anche da qui, dal fatto che il bambino comincia a trovare fuori dal recinto domestico altre persone da seguire.

Comunque, il punto davvero saliente di quel primo benedetto giorno di scuola accadde quando andai a riprendere mio figlio all’uscita. Quella mattina ero rimasta per un po’ a rimuginare da sola su una panchina, quasi sentendomi un po’ “vuota” … senza il rumore di sottofondo tipico della presenza infantile in casa. Poi avevo fatto le commissioni in programma. Molto prima delle 13, eccomi di nuovo di fronte alla porta della sua classe, ancora chiusa. Al suono della campanella, la porta si è spalancata inondandoci della luce che proveniva dalle finestre della classe … e poi una fiumana di voci e grembiuli colorati. Sorridevano tutti e, ovviamente, dopo la domanda di rito: «Allora, come è andata?» è cominciato il fiume di racconti entusiasti di un bimbo che si era proprio divertito. Certo, la scuola riserva anche momenti meno esaltanti, ma non il primo giorno!

Ecco, è stato proprio in quel momento che ho avuto un flash. Non saprei spiegare bene il come o il perché.

So che … così … di botto … ho pensato a Dio.

scuolaHo come intuito di aver vissuto sulla mia pelle qualcosa che Dio prova per ogni essere umano che nasce. Lo manda a scuola, sì … la nascita non è altro che il nostro primo giorno di scuola. È il giorno in cui lui si fa da parte per affidare ciascuno ad altri; Lui è il vero genitore, ma ci affida a uno spazio di terra che è come una classe in cui regnano e abitano dei maestri, mamma e papà.

E se io, che sono solo una mamma distratta e apprensiva, ho prestato un’attenzione così certosina per accompagnare mio figlio a scuola quel primo giorno, cosa devo pensare di Dio, della premura che avrà messo dietro la nascita di ciascuno? Per un attimo ho ripensato ai mesi prima della nascita di Michele, a quanto impegno, premura e preoccupazione avevamo messo nell’accogliere il bambino che sarebbe arrivato. Ma prima non avevo mai pensato di essere “solo” la maestra, cioè di essere solo una delle due metà che accudivano quella nuova vita. Pensavo che in quel caso tutto dipendesse da noi, da me e da suo papà. E invece noi eravamo solo metà della mela. Noi genitori, come le maestra, lo abbiamo accolto nella nostra casa-classe, ma Chi ce lo aveva affidato senz’altro s’era indaffarato quanto e più di me nel preparare quell’evento.

E cosa devo poi pensare della fiducia di Dio? Io stessa ho capito che affidarlo alla maestra sarebbe stato l’inizio di un’avventura bella. Quando un essere umano viene al mondo, accade anche questo misterioso passaggio in cui Dio si fida delle sue imperfette creature: lascia un suo figlio dalla presa delle sue mani onnipotenti, per affidarlo ad altre mani umane, per metterlo nel tumulto impetuoso del tempo e della storia.

Ma Dio non si assenta. Aspetta, semplicemente.

Cosa devo, infatti, pensare dell’uscita da scuola? Non sarà poi così brutto se, dopo una vita passata nella scuola del mondo (tra amici e nemici, brutti voti, interrogazioni, divertimenti, esperienze mirabili), un giorno usciremo di classe, sì … lasceremo la terra … ma, ecco, a questo punto non posso proprio evitare di pensare che Qualcuno, lo stesso che ci ha accompagnati il primo giorno, sarà lì trepidante ad aspettarci appena fuori dalla porta per chiedere: «Allora, com’è andata?». E godrà nel sentire il nostro fiume di racconti.

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