Prendi l’arte e mettila da parte. La riscossa delle donne delle pulizie.

«Parlando approssimativamente, ci sono tre tipi di persone al mondo. Il primo tipo di persone è la Gente; è la classe di persone più vasta e probabilmente quella di maggior valore. Dobbiamo a questa gente le sedie su cui ci sediamo, gli abiti che indossiamo, le case in cui viviamo; e, certamente (appena ci prestiamo attenzione), noi stessi probabilmente apparteniamo a questa classe. La seconda classe può essere chiamata, per convenienza, quella dei Poeti; essi sono spesso una piaga per le loro famiglie, ma, in generale, sono una benedizione per l’umanità. La terza classe è quella dei Professori o Intellettuali, a volte descritta come «gente che pensa»; e questi sono una malattia e una desolazione sia per le loro famiglie sia per l’umanità». G. K. Chesterton

domestica_158317695Per un paio d’anni mi è stata data l’occasione di commentare la cronaca su un settimanale. Avevo libertà assoluta nella scelta degli eventi da commentare e, quindi, ho sempre scelto di seguire il criterio suggeritomi da Chesterton: non blaterare di idee astratte, ma vai a cercare i fatti in cui l’uomo comune dà gloria alle grandi verità nei suoi gesti più semplici e quotidiani.

Ricordo con particolare affetto di quando parlai di Fiorella Romagnollo che fa la spazzina volontaria a Novi Ligure, ed è lieta di questo impegno positivo per la sua città dopo aver ricevuto molto botte dalla vita (la povertà, la perdita di due mariti, il suo tumore). Oggi parlo di altre eroine invisibili che ci hanno lasciato una piccola grande lezione, sebbene credo che se ne possa leggere notizia solo nei trafiletti ironici di pochi quotidiani.

Il fatto è successo a Bolzano a un’esposizione d’arte. L’installazione intitolata Dove andiamo a ballare stasera? delle artiste Goldschmeid e Chiari è stata oggetto di un intervento a prima vista irrispettoso: il loro capolavoro è stato letteralmente buttato via. Infatti, a fine della serata d’inaugurazione, le donne delle pulizie hanno scambiato l’installazione artistica per i resti di una festa e hanno proceduto a ripulire la sala. L’opera d’arte consisteva in effetti in un assemblaggio sul pavimento di una serie di bottiglie vuote, coriandoli e festoni. L’idea delle artiste era quella di enfatizzare l’edonismo degli anni ’80.

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Dove andiamo a ballare stasera? – di Golschmeid e Chiari

Le reazioni a caldo potrebbero essere tante. Vedo lo snob scuotere la testa e constatare con spocchia: «Ah, che donne ignoranti …». E allo snob io risponderei, pacatamente, che se quelle signore addette alle pulizie si fossero trovate davanti a un Tiepolo non sarebbero andate in confusione, riconoscendo immediatamente cosa fosse e cosa non fosse arte in quella stanza.

Il primo pensiero che ho avuto leggendo la notizia, andava proprio in questa direzione: mi pareva di constatare in questo gesto innocente dell’uomo comune (di donne comuni, nel caso specifico) il giudizio sulla triste condizione dell’arte contemporanea. Non è più il tempo in cui il popolo veniva educato entrando in una cappella dipinta come quella degli Scrovegni. Oggi è il tempo sterile di un’arte concettuale e fine a se stessa, per nulla edificante ma solo cervellotica.

Poi ho cercato di essere meno pessimista. E ho visto nel gesto di quelle addette alla pulizia un atto artistico di grande speranza. Sono convinta che l’intelligenza delle artiste Goldschmeid e Chiari non possa non convenire sul fatto che qualcuno ha davvero capito il loro lavoro.

Immaginiamo quanti eleganti intellettuali siano passati davanti all’installazione in quella serata d’inaugurazione, annuendo con la testa e sussurrando paroloni ai colleghi su «alienazione moderna», «sublimazione del rifiuto», e altre serissime sciocchezze.

Ma l’arte, da che mondo è mondo, non è un gesto fine a se stesso. Se un quadro, una scultura, un brano musicale, una poesia sono davvero frutto di un atto creativo devono generare qualcosa in chi guarda, ascolta e legge. L’arte non è mai un monologo, ma un dialogo in cui si passa la palla allo spettatore.

L’unica critica davvero positiva ed entusiasta all’opera di Golschmeid e Chiari è stata proprio quella delle donne delle pulizie. Loro hanno capito tutto. L’edonismo è pigro e disordinato, ed è davvero lo specchio del nostro mondo. Noi usiamo, ci divertiamo e poi buttiamo. A volte buttiamo qualcosa addirittura prima di averlo usato del tutto, ci stanchiamo e passiamo ad altro. La fine della festa è troppo triste perché un uomo resti a guardarla: se non hai un ideale buono a cui affidarti, quei rifiuti sparsi a terra ti ricordano solo che la tua non è stata gioia, ma allegria momentanea. E forse ti ricordano che nella frenesia della festa anche tu sei stato usato come la bottiglia vuota a terra, magari qualcuno ti ha parlato o baciato solo per vincere la noia e poi è passato ad altro.

Chi ha il coraggio di pulire? Cioè: chi ha fiducia che, dopo la festa, un luogo abbia ancora senso e possa ospitare altro? Ecco, chi pulisce – anche se lo fa per lavoro – ci ricorda che l’operosa fatica di custodire le nostre dimore, alla faccia di chi vive sbronzandosi per dimenticare piccole grandi sconfitte o noie.

Ecco: se l’arte ha puntato il dito contro lo sterile e annoiato edonismo, dovremmo essere felici che qualcuno abbia risposto all’accusa, spazzando e rassettando tutto. Dovremmo ringraziare chi non ha lasciato la scena e l’ultima parola ai rifiuti.i-rimedi-contro-la-sbornia_1fccae7cfe0e331a04e5e1d20964161d

3 commenti

  1. Abbiamo avuto lo stesso pensiero: credo che le autrici dell’opera dovrebbero trasformare quanto accaduto in una vera e propria performance, da replicare in altre esposizioni. Non si può negare che l’opera abbia ora acquisito una compiutezza che sinceramente prima mancava… E nonostante sia tentato di dare una lettura ironica al tutto, in fondo in fondo lo dico proprio seriamente!

  2. Grazie Annalisa che ci richiami alla grandezza che e’ dentro le cose apparentemente piccole.
    Poi, leggendoti, mi veniva in mente questa riflessione di Martin Luther King, che ho ritrovato in internet e qui ora incollo:

    “Noi siamo sfidati da ogni parte a lavorare instancabilmente per raggiungere l’eccellenza nel nostro lavoro. Non tutti gli uomini sono chiamati a lavori specializzati o professionali; anche meno sono quelli che si elevano alle altezze del genio nelle arti e nelle scienze; la maggior parte sono chiamati ad essere operai nelle fabbriche, nei campi o sulle strade. Ma nessun lavoro è insignificante. Ogni lavoro che elevi l’umanità ha la sua dignità e la sua importanza e dovrebbe essere intrapreso con diligenza e perfezione. Se un uomo è chiamato ad essere spazzino di strada, egli dovrebbe spazzare le strade proprio come Michelangelo dipingeva, o Beethoven componeva musica, o Shakespeare scriveva poesia; dovrebbe spazzare le strade così bene che tutte le legioni del cielo e della terra dovrebbe fermarsi per dire: «Qui è vissuto un grande spazzino di strade, che faceva bene il suo lavoro». Questo è ciò che Douglas Mallok intendeva quando scrisse:
    Se non potete essere un pino sulla vetta di un monte,
    siate una scopa nella valle – ma siate la migliore piccola scopa
    sulla sponda del ruscello.
    Siate un cespuglio, se non potete essere un albero.
    Se non potete essere il sole, siate una stella;
    Non con la mole vincete o fallite;
    siate il meglio di qualunque cosa siate.
    Cercate ardentemente di scoprire a che cosa siete chiamati, e poi mettetevi a farlo appassionatamente. Questo limpido sguardo in avanti, verso la realizzazione di sé, è la lunghezza della vita umana”.

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