«Mia moglie mi disse: ‘Dici di essere nato in paradiso,
allora ricostruiamolo questo paradiso!’»
Sebastiao Salgado
Ho scoperto di essere diventata un’ecologista neopagana, perché ho apprezzato molto lo spettacolo andato in scena la sera dell’8 dicembre a Roma, la famosa proiezione sulla Basilica di San Pietro intitolata Fiat Lux. Ignara del putiferio che un evento simile avrebbe poi suscitato tra noi fedeli cristiani, guardando quelle immagini mi sono innanzitutto commossa, perché ho rivissuto una delle esperienze che giudico più significative della mia vita, l’incontro con G. K. Chesterton.
Ognuno di noi ha i suoi nodi bui, oscuri. Anche dentro il grande abbraccio che, personalmente, ho incontrato nella Chiesa, può accadere che questi nodi non si sciolgano (e restino a stritolarti nel profondo), finché non arriva lo scossone giusto. Paragonato al nulla, tutto è meraviglioso. Questo è stato lo scossone che Chesterton mi ha dato, insegnandomi che un uomo mette davvero a fuoco la propria vita solo quando la paragona al nulla, solo se lo sfondo nero del buio resta dentro l’inquadratura di ogni evento che viviamo. Quando lessi questo nella sua Autobiografia, fu come un’esplosione. Per la prima volta, in modo ragionevolissimo, si poneva alla mia intelligenza una grossa sfida: le mie ferite potevano non essere una sfiga, ma il necessario sfondo nero per capire e mettere a fuoco il presente.
Chesterton ribadisce questo concetto migliaia di volte, con migliaia di sfumature nelle sue opere; lo fa a costo di essere noiosissimo e prolisso, ma è l’unica esperienza fondamentale della vita, quindi il chiodo va battuto. Il brano che preferisco è la sua lettura del libro di Giobbe. Alla fine della storia di quest’uomo prostrato fino alla morte si mostra un prodigio. Giobbe implora che Dio gli risponda, che venga direttamente e personalmente a spiegargli il perché di tutte le sofferenze che lo stanno torturando. E alla fine Dio arriva e non fa il dio. È quantomeno una comparsa incomprensibile. Secondo una visione stereotipata e dogmatica, Dio avrebbe potuto «menarsela» e usare espressioni dogmatiche e religiose. E invece no. Anziché spiegare il senso del male, Dio porta Giobbe allo zoo. Antepone la realtà al pensiero. Dio mette in scena – senza spiegazioni – esattamente quello che è andato in scena a San Pietro: proietta a Giobbe delle immagini sullo sfondo nero del nulla. Lo lascio spiegare a Chesterton:
Dio farà vedere a Giobbe un universo impressionante, se solo riuscirà a fargli vedere un universo irragionevole. Per impressionare l’uomo, Dio per un momento diventa blasfemo, si potrebbe perfino dire che per un istante Dio diventa ateo. Egli svolge davanti agli occhi di Giobbe un vasto panorama di cose create, il cavallo, l’aquila, il corvo, l’asino selvatico, il pavone, lo struzzo, il coccodrillo e descrive ciascun animale in modo che ciascuno è come un mostro che avanza nel sole. Il creatore di tutte le cose si stupisce delle cose che Egli stesso ha create.
Ecco perché mi sono commossa vedendo lo spettacolo a San Pietro. Una volta di più mi sono sentita come Giobbe, che riceve una lavata di testa da Dio, che lo inonda non di bigottismo ma di realtà. Hai fatto tu la pioggia? Hai fatto tu il pavone? Hai fatto tu la livrea di una farfalla?. Dietro lo sfondo nero della notte, ho sentito di nuovo la voce di Dio che parlava dalla facciata della chiesa del suo portavoce, Pietro. Ho rivissuto l’esperienza fondamentale, basilare, sconcertante che mi ha reso cristiana. La pioggia ha un Padre. Lo ha anche il leone e la blatta. Qualunque cosa accada nella tua vita personale, la devi sempre paragonare con il disegno universale del mondo. La tua inspiegabile ferita sta dentro il piano altrettanto inspiegabile di una potenza che non ha tralasciato neppure i dettagli sulla schiena di una salamandra. Allora, mettiti a cercare Chi è …
Se quello spettacolo a San Pietro è stato manchevole, se dietro c’erano interessi tutt’altro che cristiani, se c’erano complotti massonici, a me non importa un fico secco. Io ho visto questo: gente non cristiana godere e meravigliarsi di un evento proposto dalla Chiesa, e gente cristiana denigrare la stessa cosa. E questa frattura mi ha rattristata. Perché mi è sembrata un’occasione persa. Se il passante ateo si è fermato per un attimo e si è meravigliato di vedere un acquario sulla facciata di San Pietro,
era compito nostro ricordargli il senso originario e sconcertante di quella meraviglia. Era più importante cogliere quest’occasione, che puntare il dito sui complotti. Perché una cosa vera può passare anche attraverso un progetto sbagliato (qualora fosse così). La realtà può essere falsificata da mille ideologie, ma comunque ha un solo Padre. Il diavolo stesso non può far altro che alterare le cose divine e la tattica giusta è puntare sulla verità delle cose divine di cui si riempie la bocca, piuttosto che enfatizzare il suo modo di distorcerle.
Sono stati i cristiani a enfatizzare i supposti risvolti diabolici dell’evento di San Pietro. Perché? Perché si aspettavano qualcosa che già immaginavano, la religione mostrata nei suoi aspetti tradizionali. Ma è mai possibile che, di fronte all’inaspettato, sia proprio il cristiano a reagire chiudendosi a riccio, anziché alzando la posta? Possibile che il cristiano abbia atrofizzato le sue energie al punto da diventare bigotto anziché creativo? Davvero il cristiano vede il diavolo all’opera in un animale proiettato su una chiesa? Davvero deve mettersi a squadernare il vaso di Pandora su banche, disegni oscuri e apostasia, avendo già liquidato alla svelta la Natura come uno spettacolo brutto?
L’uomo della strada, che non va mai a messa, non ha visto in quelle immagini il neopaganesimo o l’ecologismo, ha visto quello che – semplicemente – ho visto anch’io: il bellissimo manto maculato di un leopardo sullo sfondo
della notte. Era compito nostro, di noi cristiani, cogliere una sfida inaspettata e dirgli: dentro quella chiesa abita il Pittore che ha fatto questo manto maculato, strappando ogni cosa dal nulla. Ha strappato anche te dalla notte del nulla. Quella meraviglia che senti è un grido di lode. Era compito nostro ribadire questo, anche se – per pura esagerazione – fosse tutto stato organizzato da un pagliaccio nichilista. La bugia si smaschera dicendo la verità, non accusando il bugiardo.
Quante volte il cristiano lotta in nome della dignità della vita dal suo concepimento alla morte naturale? Ecco, lo sconcerto della meraviglia è il suo più grande alleato in questa tenace battaglia. Mi si perdoni quest’attimo di blasfemia, ma sono convinta che una donna in dubbio se abortire o meno possa essere aiutata nel mettere a fuoco la sua vita e le sue scelte guardando la coda del pavone piuttosto che recitando le litanie. Se per un attimo, nella testa di un uomo o di una donna balugina lo sconcerto di essere stati strappati al nulla … ecco, quell’uomo e quella donna non vedranno mai più le cose allo stesso modo. Il darsi della vita apparirà come qualcosa che sfugge al plagio delle loro mani. Io, che – se non esistesse già – non sarei mai stata capace di concepire una cosa strana come la coda di un pavone, e io, che dunque sono ospite di qualcosa che mi domina in potenza creativa e creatrice, posso mettere mano sulla vita di un’altra creatura? Ne nascerà un dubbio positivo, e – forse – nel tempo una domanda radicale, magari di quelle che dopo anni ti portano a inginocchiarti in chiesa a dire le litanie, perché senti il bisogno di aver vicino l’unica persona che ha risposto alla Meraviglia di Dio con un sì, la Madonna.
Ma l’unica strada che conosco, per arrivare fino a lì, passa dalla scimmia e dal pavone. La scimmia, che è stata triturata dalle braccia di Darwin, è tornata anche lei sulla facciata di San Pietro. E lì, finalmente, si poteva
dire: ecco che noi non siamo solo determinismo ed evoluzione, siamo creature libere. È un grande paradosso che San Pietro, colui che liberamente si è fatto crocifiggere a testa in giù, abbia per qualche istante abbracciato la povera scimmia, che per tanto tempo è diventata la bandiera della schiavitù umana alle leggi di natura, dimenticando che anche lei è parte del creativo e variegato disegno di Dio. Se anche l’immagine della scimmia fosse stata messa lì da un malvagio demonio, era compito nostro dire che la scimmia sta meglio tra le braccia di San Pietro piuttosto che tra le pagine di Darwin: perché con la scimmia non si può spiegare il portento che è l’uomo, ma l’uomo Pietro può spiegare di che disegno portentoso fa parte la scimmia.
Concludo con un testimone neutrale. Uno degli autori delle immagini proiettate su San Pietro è il famosissimo e celebratissimo fotografo Sebastiao Salgado, etichettato come antropologo, naturalista, ecc ecc. A me basta citare qui un’esperienza che lui stesso racconta.

Dopo aver trascorso un lungo periodo in Africa a documentare le molte catastrofi umane in corso, Salgado si ammala. Fa esami e accertamenti e infine un medico di Parigi gli fa questa strana ma azzeccata diagnosi: «Dopo aver visto così tanta morte, anche tu ti stai lasciando andare a morire. È meglio se smetti di fare fotografia». Salgado ne conviene e afferma: «In Ruanda vidi la brutalità totale. Vidi persone morire a migliaia ogni giorno e persi la fiducia nella nostra specie. Non credevo che fosse più possibile per noi vivere. Fu a quel punto che mi ammalai». Per riprendersi torna nella sua terra natale, il Brasile, e trova anche il suo paese ferito e dilaniato dall’eccesso di industrializzazione. Nota con amarezza che il progresso dell’uomo si fonda sulla distruzione del territorio. A quel punto la disperazione poteva essere totale, ma sua moglie gli propone una scommessa: «Dici di essere nato in paradiso, allora ricostruiamolo questo paradiso!». Secondo uno sguardo che Chesterton avrebbe giudicato distributista, Salgado e sua moglie cominciano a ricostruire la fetta di terra in cui abitano sulla base di un’economia a misura domestica e non globalizzata.

Da questo impegno sgorga anche un nuovo progetto fotografico che Salgado sceglie di intitolare Genesi. Ripeto, lo intitola Genesi e non Ecologia del pianeta o Ambiente e natura. Ancora una volta, dallo sfondo nero della morte e della malattia si mette a fuoco una «genesi» umana, non un’ideologia.
Ecco, le immagini che noi abbiamo visto su San Pietro erano prese da quest’opera ed erano perciò frutto di quest’uomo, i cui occhi per un po’ sono stati chiusi dal buio e poi si sono aperti alla sfida di ricapitolare la vista di tutto l’esistente. Se pure l’opera di questo fotografo viene «sfruttata» per far passare messaggi riduttivi legati all’idolatria dell’ecosistema, non sarò certo io a enfatizzare quest’errore … perché è sterile e si autodistruggerà da solo in poco tempo. A me importa lo sguardo di quegli occhi, che parla senza essere spiegato o etichettato: e dice «genesi» e non «l’origine della specie».

Grazie, non ho visto dell’evento se non i commenti confusivi della stampa e mi commuove la proposta di ricominciare a guardare le cose, la posizione più semplice.
Premetto che lo spettacolo l’ho visto dal pc e non dal vivo. Alcuni momenti li ho trovati molto belli per gli effetti visivi usati o semplicemente per le immagini suggestive di fotografi giustamente celebri, ma nel complesso il tutto mi è sembrato un po’ noioso e poco coinvolgente. Per non parlare poi di alcune scene a mio giudizio di cattivo gusto: l’immagine dei rifiuti proiettata su San Pietro mi ha letteralmente raggelato, così come discutibili erano le foto di luoghi di culto appartenenti ad altre religioni. Ma al di là del fatto se sia bello o meno, cosa che dipende anche dai gusti personali, uno show del genere avrei potuto gradirlo se fossi stata all’expo, non all’inaugurazione del Giubileo cristiano il giorno dell’Immacolata Concezione. E’ come se il venerdì santo, invece di fare rappresentazioni dal vivo della Via Crucis, si decidesse di fare uno spettacolo per sensibilizzare la gente sul problema dell’estinzione delle balene: una cosa del genere sarebbe fuori luogo. Ci sono tempi e modi giusti in cui fare determinati eventi. Anche sorvolando sull’intento propagandistico dello spettacolo a favore di una certa ideologia ecologista e sull’identità dei finanziatori di tale manifestazione, mi rattrista vedere che in un mondo in cui si tenta di cancellare ogni simbolo cristiano persino la Chiesa bandisca ogni riferimento a Colui da cui trae origine, quell’uomo che duemila anni fa mise in atto la più grande rivoluzione di tutti i tempi. Tra presidi che proibiscono presepi e canti natalizi, comitati che si mobilitano per la rimozione del crocifisso dalle aule pubbliche, google che abolisce qualsiasi riferimento al calendario cristiano, se anche la Chiesa incomincia a vergognarsi della sua identità cristiana è la fine. Quando Dio mostra a Giobbe le meraviglie del creato in risposta alla sua domanda sul senso del male e del dolore presente nella sua vita, sa di parlare a un uomo che crede in Lui e che non mette in discussione la sua esistenza ma la sua bontà e il suo amore. Dubito fortemente che il vedere una scimmia sulla facciata di una chiesa possa spingere un ateo a ricredersi: è molto più probabile che guardando l’animale gli torni in mente Darwin, che a sua volta gli ricorda quanto sono imbecilli i creazionisti. Nel libro “Hiroshima” di John Hersey una donna di nome Toshiko Sasaki, la cui vita era stata rovinata dall’esplosione della bomba, che la rese zoppa e indesiderabile agli occhi del futuro marito, chiede a padre Kleinsorge, un gesuita tedesco che era sopravvissuto anch’egli all’atomica: “se il vostro Dio è così buono e gentile, come può permettere che la gente soffra in questo modo?” e il prete le risponde: “ora l’uomo non si trova nella condizione che Dio ha voluto. Ha perso lo stato di grazia attraverso il peccato”. Da quel momento in poi padre Kleinsorge continua a farle visita per portarle un po’ di conforto e accertarsi che stia bene, ma anche con l’esplicito intento di convertirla. All’inizio la donna non riesce a capire le logiche cristiane, ma è umanamente commossa dalle attenzioni di quel prete che faceva lunghe camminate per andare a trovarla, nonostante fosse stato fortemente debilitato dalle radiazioni. Una mattina Sasaki va nel boschetto di bambù accanto alla sua casa e, nel contemplare la natura circostante, prova un’immensa sensazione di gioia come non succedeva da tanto. In quell’istante vive una sorta di epifania che la porta a recitare il Padre Nostro insegnatole da padre Kleinsorge. Sasaki sarà battezzata e diventerà una suora. Ancora una volta Gesù è la Via, la Verità e la Vita che permette all’uomo di godere dei doni del creato e di percepire il sacro presente nelle manifestazioni della natura. Se padre Kleinsorge non avesse parlato a Sasaki di Gesù, quell’epifania non ci sarebbe stata. E io vorrei tanto che la Chiesa tornasse a comportarsi come quel gesuita altruista e coraggioso, che non ha avuto paura di infastidire una donna che per buone ragioni era adirata con Dio. Di donne che contemplando la natura hanno deciso di non abortire non ne ho sentito parlare, ma ho letto la testimonianza di un prete che ha detto che molte coppie da lui convinte a non abortire tornavano a ringraziarlo perché il bambino che i medici dicevano che sarebbe nato malato, in realtà era nato sano. La Chiesa deve tornare a parlare di Cristo, che una volta ha detto: “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”. E’ solo credendo in Dio e credendo nell’esistenza del sacro all’interno della realtà che riesco ad apprezzare come un dono il creato e a vedere miracoli anche nei semplici accadimenti quotidiani.
Piuttosto che diabolico direi che lo spettacolo è stato brutto. Naturalmente la sua lettura è una prospettiva stimolante e se qualcuno, fra i cosiddetti “lontani”, ha letto le stesse cose, meglio così, perchè come sempre Dio scrive bene sulle nostre righe storte. Resto del parere che a Piazza San Pietro la bellezza più grande venga dall’opera della creatura a cui Dio da il compito di assegnare il nome a tutte le altre: l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza. La bellezza di quella Piazza, con il suo colonnato, la meravigliosa cupola, il tesoro di opere d’arte create con sforzo, fatica, dedizione e capacità tecnica, per rendere culto a Dio, sommamente bello, da grandissimi artisti, come Michelangelo, Bernini, Giacomo Della Porta, Maderno e dalle migliaia di persone che li hanno lavorato, sono incommensurabile trionfo del Creatore. Che cos’era più reale in quella Piazza, l’8 dicembre, una videoproiezione, o piuttosto quel Luogo, simbolo bimillenario del Martirio di Pietro?