Con la mia tipica velocità di crociera, quella del bradipo, mi accingo a scrivere di un film uscito 2 anni fa.
Non può dunque essere una recensione, quanto l’accorato desiderio di non cadere in una svista (in cui sono inciampata per prima). Mi sono a lungo trattenuta dal guardare Tenet di Christopher Nolan perché ne sentivo parlare come di una trama arzigogolatissima, al limite del folle, intricatissima da seguire e che fa esplodere il cervello.
Ora che l’ho visto posso senz’altro dire che c’è questa impressione, quella di uscirne come certi malcapitati che nei western italiani si beccavano una tempesta di botte da Bud Spencer. Ma non deve essere l’impressione momentanea a comandare.
Tenet, complicato non confuso
Il primo dato da mettere sul tavolo è che complicato non è sinonimo di confuso. La trama di Tenet è tecnicamente complicata, perché c’è l’elemento dell’inversione temporale che manda in tilt la nostra percezione lineare degli eventi. Ma non è confuso, al contrario. Tendiamo a sovrapporre complicato e confuso per un nostro deficit umano. Viviamo in un tempo pigro e imbolsito, ci rimpinzano di contenuti banali e scemenze. La nostra mente viene addormentata ed è fuori allenamento rispetto alla complessità, che è anche sinonimo di profondità.
(chi non è allenato alla maratona rischia di ridurla a una prova per aspiranti suicidi, allo stesso modo se non siamo allenati alla complessità, la trattiamo da trama assurda).

Dunque Tenet è complicato tecnicamente, ma non confuso, men che meno è concettuale e arzigogolato. Oso dire che il senso sia semplice, efficace, potentissimo. (Metterei una multa simbolica a tutte quelle recensioni che indugiano in paranoie mentali che non aiutano lo spettatore, e in queste righe rischio di essere riduttiva pur di mettere in luce un solo aspetto che giudico essenziale).
Tutto sta proprio nel titolo: tenet, terza persona singolare del verbo latino teneo, tempo presente. Egli tiene.
Se dovessi ridurre tutto a un aforisma sintetizzerei così: in mezzo al casino del mondo, c’è uno che tiene. La risposta alla complessità del reale non è scioglierla in semplicità, ma che ci sia uno che tiene. Il mondo non sarà mai semplice.
E ditemi se non messaggio rivoluzionario e benedetto, in questo tempo usa e getta (applicato anche agli esseri umani).
Capiamo meglio.
Un film palindromo
La vera creatività nasce da un’idea semplice. Vale anche per Tenet, la cui struttura complessa parte dall’idea semplice del palidromo, quelle parole – o addirittura frasi – che si possono leggere in avanti e indietro (banalmente: Anna, radar… e anche ‘tenet’ è palindromo). Nolan ha costruito un film ispirato al palindromo, una storia che va avanti e indietro, in cui il tempo lineare in avanti e quello invertito all’indietro si mescolano.
Se è facile leggere una singola parola in avanti e indietro, non lo è applicare il palindromo a una pellicola cinematografica. Da qui l’impressione di stordimento, durante la prima visione di Tenet. Molti elementi tecnici della trama mi sono sfuggiti, ma non è un problema. La comprensione del nocciolo significativo non è impedita. (Non è tanto un film da vedere, quanto da rivedere).
E per farlo dobbiamo capire lo spunto da cui è partito Nolan, non a caso è un documento antichissimo, un’iscrizione latina.

Sempre più spesso ci renderemo conto che il passato non è una cosa morta, ma contiene un’energia creativa molto più viva e potente del nostro presente addormentato. Dunque esiste quest’iscrizione latina conosciuta come il quadrato del Sator. Disponendo le parole presenti una sotto l’altra nell’ordine che si vede qui sopra, si crea una frase palindroma che può essere letta dall’inizio alla fine e dalla fine all’inizio rimanendo identica. Al centro, in orizzontale e verticale, campeggia il verbo TENET.
Visivamente tutto punta su questo verbo, ne è la colonna vertebrale. Nonostante molti dubbi restino sul significato della frase, il senso che – senza dubbio – passa visivamente è che c’è qualcosa che tiene.
Una delle interpretazioni più semplici della frase contenuta nel quadrato è:
il seminatore con il suo carro tiene con cura le ruote.
SATOR è il seminatore, anche se altre ipotesi convivono. Sicuramente si tratta di una figura forte (divina? paterna?) a cui è affidata la tenuta del campo, del mondo, della storia. Nel film di Nolan Sator è il cognome dell’antagonista.
AREPO è parola che ha mandato in tilt tutti gli studiosi che si sono occupati dell’iscrizione. Può essere ‘carro’, può essere ‘piccolo appezzamento di terra’, può essere ‘roncola’. Nel film di Nolan Arepo è il nome di un falsario.
Specifico questi dettagli per precisare che è evidente il nesso tra film e iscrizione.
Al di là dei dubbi tecnici sul senso della frase, è indubbio che il suo contenuto sia di fortezza e guida. Il mondo tiene perché qualcuno lo regge. Oppure: una storia sta in piedi perché qualcuno la tiene.
Non stupisce che questa iscrizione di origine pre-cristiana sia stata apprezzata dai cristiani e riprodotta nel Medioevo in tantissime chiese sparse per l’Europa. L’immagine del seminatore è perfettamente assimilabile al Vangelo. Per il cristiano l’ipotesi di un seminatore che pianta nel mondo un seme buono e regge la trama del destino di tutti è la Verità portata dal Dio fatto Uomo.
Il protagonista, un antagonista … e l’alleato
E dunque eccoci tornati al film. Tenendo a mente lo spunto, cioè l’iscrizione palindroma, lo sguardo sul film si chiarisce, nonostante la superficie complicata delle inversioni temporali. Non abbiate paura di capire mentre vedete il film, guardate e basta e attendete il finale (… forse che la vita di tutti i giorni è una trama che capiamo subito?).
Non è un film che afferma che il reale è un caos, questo sia chiaro.
Il protagonista è chiamato a scoprire in fondo alla sua avventura che, per essere davvero il protagonista-che-tiene, deve fare un passo indietro, di nascondimento rispetto agli eventi. E’ un dato che passa inosservato, ma in effetti, lui non ha nome, è solo il Protagonista. Si ripete spesso la frase “l’ignoranza è la nostra arma migliore”. Chi regge non deve stare sotto i riflettori, deve fare il sacrificio di escludersi, di non vivere più per i propri desideri ma per il bene del mondo. Un grande applauso a Nolan, che ci ricorda che i protagonisti veri non sono quelli che vediamo nei titoloni.
Il suo opposto è l’antagonista, Andrei Sator, che distruggerebbe il mondo pur di esserne il centro. All’altruismo del protagonista si oppone l’egocentrismo dell’antagonista. Anche qui l’opposizione visiva è semplice e mi si scusi il dato razziale: uno è nero, l’altro è bianco. Il divino si oppone al diabolico: Dio ama e si sacrifica, il diavolo rivendica tutto per sé anche a costo della distruzione.
![]() Andrei Sator – l’antagonista | ![]() Neil – l’alleato |
Ho tenuto per ultimo l’elemento che giudico più commovente, il ruolo di Neil, interpretato da un eccellente Robert Pattinson. È l’alleato, il gregario. Affinché l’opera buona del Protagonista sia efficace nella storia c’è bisogno di qualcuno che non sia nascosto, che sia disponibile a ‘smazzarsi’ l’incombenza di essere operativo e a servizio del bene. Nell’intrico dei piani temporali, a lui spetta il compito di supporto e, in più, quello di chi prova e riprova per trovare la via migliore per sconfiggere il male.
La scena finale (qui) mi ha strappato molte lacrime, quando ho intuito che Neil siamo noi. Dio – il Protagonista – ci affida il compito di stare nel casino della Creazione a sudare e tentare e anche morire per strappare qualsiasi centimetro di vita alla bocca vorace del male.
(Ma questa interpretazione cristiana vale per me, non ne voglio fare una chiave di lettura da appiccicare indiscriminatamente a Nolan).
Grazie Annalisa!!!!! Che bello quello che scrivi!!! L’ho passato ai miei figli!!
Incredibile che non ti conosco ma oggi pensavo a te perché tempo fa leggendoti, avevo copiato il titolo di un libro : “L’uomo che fu giovedì” e mi chiedevo se avessi letto anche quello di Lewis, “Quell’orribile forza”. E adesso ricevo mail da te con articolo stupendo!! Tu mi apri un mondo davanti!! Che ragazza stupenda devi essere!!! Grazieeeee!!!
Grazie Lucia. Ok, però ora mi impegno anche a farti vedere il mucchio di difetti che ho …. ahahahah 🙂